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Alla notte

(23.9.1990)

 

Canto il tuo volto, o notte, canto i tuoi occhi

stellati, il tuo respiro d’argento,

le tue lunghe chiome comete, l’abbraccio

morbido delle tue ali viola. Io voglio

posare il capo nel tuo grembo e udire

battere in cuore i destini del mondo,

sentire il tuo sottile profumo, il soffio leggero

della tua voce che chimere alimenta

antiche o nate appena. Entro il tuo seno

ricerco i suoni oscuri dell’immenso

silenzio che pervade le tue strade,

queste vie siderali ... Quando la nera

tua bocca sfiora le socchiuse palpebre

di nebulosi baci, il ritrovato

sentimento del tempo mi trascina

ai confini dell’essere, là ove s'espande

la primigenia forza, il desiderio,

l’incurabile fame d’infinito.

 

Le parole notte, notturno, ecc, le descrizioni della notte,

sono poeticissime, perché, la notte comprendendo gli oggetti,

l’animo non ne concepisce che una immagine vaga, indistinta

e incompleta, sì di essa che di quanto ella contiene.

G. Leopardi, Zibaldone III, 374, 3

 

 

 

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