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Canto di maggio

Quando finiranno i giorni della camorra,

della n’drangheta, della mafia omicida,

che non c’è giorno quasi che non scorra

 

sangue nelle metropoli, da infida

mano sparso innocente, con il tormento

del ricatto continuo, senza via d’uscita.

 

E mi riporta altro terrore, nel vento

giallo de la Portella, nell’avara

ombra degli uliveti, ove s’è spento

 

il meglio fiore di quella chiara

gioventù, sotto le rosse bandiere,

per pochi tomoli di terra amara.

 

Chi lavora non vuole oggi vedere

ancora il lutto eterno delle madri

pei tanti figli uccisi; non son più vere

 

le false leggi d’omertà dei padri,

non si premia il silenzio, non si cede

al sopruso, alle infamità da ladri:

 

del padrone che ruba la giusta mercede,

del caporale che sfrutta il bracciante

dall' alba fino a sera. Si ricrede

 

chi giurò nell’impossibilità evidente

di lottare per l'uguaglianza, per il riscatto

degli oppressi da una vita dolente.

 

Oggi, questo si aspetta: che sia fatto

tra le diverse parti sempre in guerra

di giustizia e concordia un nuovo patto

 

che dia pace agli uomini su questa terra.

 

 

 

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