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Copanello 1950

(18.06.1978)

Tre capanni di legno screpolato

contro gli ultimi ulivi;

lasciavamo l’Ardea sotto le frasche

tra una nube di polvere.

E poi la falce d’oro della spiaggia,

la finissima sabbia ci accoglieva

e il parasole, d’ombra unica isola,

e l’acqua bianco-verde e i negri scogli.

Assoluto il silenzio che le grida

dei tre bimbi quasi non rompevano,

forse più il treno che tre volte al giorno

trapassava sbuffando la montagna.

Così al mattino c’eravamo noi soli

a sguazzare nell' acqua a la battigia.

Poi con la barca andavamo più al largo,

mi buttavo a nuotare, o almeno ci provavo,

ch’io non sapevo ed ero grande ormai.

Ma tutta la guerra passata a Milano

senza vedere il mare; appena ricordavo

i tempi delle brevi gite ad Ostia,

le sabbie bianche e nere, sottosopra

per il ferro utile alla Patria…..

I cugini ridevano a vedermi annaspare

grande e grosso com’ero e alla fine facevo il morto,

per darmi un contegno. Mi godevo il sole

con la pancia a fior d’acqua, finche quacuno mi urtava

e rianelavo frenetico alla riva.

Più tardi giungeva qualche altro gruppetto,

c’erano anche ragazzi e ragazze, che non conoscevo,

parlavano il loro dialetto ancora per me incomprensibile

e quando mi si sentiva parlare allora ero uno del "nord".

Oggi so d’esser stato un turista ante litteram,

mi dicono siano spuntati villaggi ed alberghi di lusso,

che a ferragosto c'è folla come sulle nostre riviere,

e allora non torno. Difatti non son più tornato.

Mi resta il ricordo di una spiaggia quasi deserta

ove al mattino era mia la prima capriola nella rena.

 

 

 

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