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Corte lombarda

(08.11.1991)

 

La vecchia che intreccia la paglia al sole d'ottobre

racconta al nipote le storie dei suoi sedicianni,

quando il cortile era un mondo, un regno incantato,

e la resgiora sua madre, cantando, spandeva

dal forno profumo di pane.

 

   S’alzavan le serve,

prima dell’alba, ad arrostir la polenta

sopra le braci e poi mungevano il latte

pei lavoranti, che si lavavano al fonte.

Quelli partivano ai campi che i galli cantavano,

d’inverno, ancora nel buio, d’estate ai chiarori

primi del giorno, e la cascina tornava

solo un istante al silenzio, ma quasi subito

si risvegliava la corte a nuovi rumori.

 

Crocchiavano le galline su in cima al letame,

belava di sete la capra là in fondo alla stalla,

grugnivan voraci i maiali, latravano i cani.

C’eran gli odori dell’orto, la grassa minestra

che a mezzogiorno fumava nel grembo ad ognuno,

c'era la trebbia del grano nel luglio dorato

ed a novembre scoppiavano al fuoco i marroni.

 

E c’eran la sera le donne che tutt’intorno

al porticato sgranavano il mais, ridacchiando

ai vecchi motti salaci degli uomini brilli.

Vivevi tu corte lombarda a tutte le ore,

in ogni stagione e financo nel più crudo inverno,

che morta parevi sepolta in un manto di neve,

fervevi di rosse scintille per l’alto camino,

del batter di coti affilanti le lame e le falei,

dei cupi fischi del merlo, dei réfoli ghiacci

che il vento a te dentro spingeva dai pioppi stecchiti.

 

 

 

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