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Genova brucia

(22.07.2001)

 

Non si può uccidere in una piazza a Genova,

come non si sarebbe dovuto in piazza Tienanmen,

come non si dovrebbe in tutte le piazze d'Africa

e nelle strade di Kabul, di Rio, di Mexico-City.

Non si può continuare a morire,

non solo di fame, non solo di malattia,

ma per le economie di pochi emergenti

che vanno distruggendo paesi,

regioni immense, continenti interi

con mille veleni

e un protocollo fallito.

Migliorare la vita dei paesi più poveri

e frenare l'assalto della morte per aids

fin nel grembo di madri ingiustamente dannate

questo e adesso l'impegno di ogni uomo civile,

altrimenti Genova brucia e nulla cambierà.

Non più lotte violente, ma solidarietà,

guerre e cannoni restino soltanto

vuoti nomi nel dizionario della storia.

 

 

Composta all'indomani dei tragici fatti di Genova (20.7.2001), questa poesia credo rispecchi i sentimenti di gran parte della sinistra democratica in Italia.
Tutti noi siamo rimasti profondamente scioccati da tutto quello che si è visto in quei giorni sui nostri teleschermi: la violenza eccessiva sia da parte degli incappucciati dimostranti anti-G8, sia da parte delle forze dell'ordine che non hanno perseguito affatto i maggiori responsabile delle violenze, ma se la son presa soprattutto con i ragazzi del Social Forum, che non opponevano alcuna resistenza.
A distanza di circa 3 mesi, rileggo questi versi con la speranza che una simile situazione non abbia più a ripetersi nel nostro futuro.

 

 

 

 

 

 

 

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