Alberto Martelli, poesie
Ischia
Nell' antico cratere del vulcano
ferve un via-vai di barche e di traghetti
mentre sui moli, al dondolare vano
degli yachts, spigriscono gli insetti:
commendatori senza commenda,
e cavalieri senza cavallo,
in attesa che il sole se ne scenda
e rispunti la luna e canti il gallo
il nuovo dì e la noia li riprenda.
Ma come bello il porto illuminato
al crepuscolo da sopra il Montagnone:
sembra una grande torta rallegrata
da mille luci giallo-arancione.
Di giorno vedi Procida e Vivara
e più distante Capo Miseno aprico
col bianco faro. Se la mattina è chiara,
come t’affacci alla finestra, Capri
e tutto il golfo col Vesuvio appare!
Ischia incantata, da le cento spiagge
di sabbia fine, coi fondali oscuri
d’alghe fluttuanti, o trasparenti come
a Carta Romana, e solitaria rena
dei Pescatori in faccia a Sant’Antonio,
ove la verde-blu barca rimpiazza
l’ombrellone riverso dal favonio
che a volte soffia da Punta Pisciazza
con il suo caldo afflato di demonio.
Ma la gemma d’Enaria è il suo castello
aragonese, spinto nel Tirreno
quasi un’isola, da un lungo terrapieno
legato alla città: bruno gioiello
di torri e merli e antiche case attorte
verso la cima, che nelle età amare
accoglieva l’ischitana corte
e il popol tutto in fuga a le corsare
ciurme assetate di rapina e morte.
Ed è in questo castello che la storia
narra lo sfarzosissimo sponsale
tra la romana poetessa Vittoria
e Ferrante d’Avalos, generale
Marchese di Pescara e principe assai bello
correva l’anno 'cinquecento e nove
e cominciato s’era il carosello
di leghe e controleghe sempre nuove
che dell’Italia fecero bordello.
Ma bando alle memorie... Tu che canti,
ragazzo, nei locali lungo il porto,
con la chitarra o il mandolino e incanti
le vecchie ladies dal sorriso storto,
ricorda: questo mare e questo cielo
sono la tua ricchezza, il tuo tugurio
qui nel tuo sole vale un grattacielo
di Nuova York e il mio più caro augurio
è che tu possa per sempre restare
sotto ‘sto cielo e ‘nmiezzo a ‘stu mare!