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Un brindisi

(9.06.1982)

Vertiginoso il mille novecento

ottanta due scorre sopra questa

nostra esistenza, fatta di venti

 

anni legati assieme, tessuta

di rapide dolcezze, di desideri

sconvolgenti, di mediocrità patita

 

giorno per giorno, con pensieri

folli di grandezza irraggiungibile,

con fiori e requiem di cimiteri.

 

Una vita comune, non dissimile

da milioni di vite, eppur vera

di lacrime e furori, di umili

 

azioni che nessuno intera-

mente mai apprezza, noi soli sappiamo

quanto freddo ancora a primavera

 

ci punge nelle stanze, conosciamo

gli spifferi dei treni, le malridotte

valigie in similpelle, non cambiamo

 

quasi mai niente, noi, anche se rotte

conserviamo le cose. Siamo piccola,

povera gente che gira la notte

 

senza paura, o quasi, e non vuole

rinunciare alle stelle, e cammina

per impervi sentieri, e non gli duole

 

alzarsi presto, e paziente al mattino

aspetta il turno per lavarsi e canta

sottovoce Yellow Submarine.

 

Tu penserai a che serve, che valore

può avere questa vita di niente

fatta e di tutto, a volte incolore,

 

a volte fantasmagoria splendente

di luci rosse, verdi, gialle, blù;

tacita spesso e più ancora ruggente

 

di contrasti; a che serve dirai tu

cosi vivere, aver così vissuto

con pochissime gioie e molte più

 

amarezze e rinunce. Ma su tutto

conta l’amore, conta l’affetto

che l’uno e l’altra ha unito. Non s’è perduto

 

per questo amore neppure un pezzetto

di strada, neppure un gradino

d’ascesa, e domani ci aspetta,

 

simile a sempre, un nuovo cammino.

 

 

 

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