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Certi giorni mi capita di andare

dalla darsena alle sponde dei navigli:

Ascanio Sforza, Chiesa Rossa o la Ripa

di Porta Cicca e Ludovico il Moro.

Più che altro mi piace camminare

lungo l’Alzaia del Naviglio Grande

e guardare le acque salir lente

verso il centro città. Sempre un po’ strano

mi è sembrato questo scorrere a ritroso

della corrente, ma forse non c’è nulla

di cui meravigliarsi, se non queste

vecchie osterie dipinte mille volte

o le chiese che pure vi si specchiano:

Santa Maria al Naviglio, San Cristoforo,

ed in fondo al Ronchetto San Silvestro.

 

Ma più di tutto il vicolo mi parla

dei lavandai, ove ancor risuona

l’antica preia di sbattuti panni,

e dall’ombra riaffiorano le voci

rauche di donne chine sul brellin.

 

Un mondo che oramai più non esiste,

ma che conservo puro nel ricordo.

 

 

 

Vicolo dei lavandai

(15.01.1996)

 

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